Pio Panfili, Veduta della Dogana, e Carceri della Città di Bologna  - Disegno
Pio Panfili, Veduta della Dogana, e Carceri della Città di Bologna - Disegno

Abbiamo visto nella prima immagine di questa gallery, introducendo Gli sbirri alla lanterna, come Evangelisti considerasse il quinquennio 1792-1797 lo spartiacque decisivo per l’emergere della plebe come soggetto politico rilevante e, gradualmente, capace di prendere coscienza della propria importanza e di non subire passivamente le angherie dei potenti. Questo mutamento, afferma Evangelisti, lo si nota comparando le fonti letterarie e iconografiche settecentesche, quasi prive di accenni alla plebe, e ottocentesche, in cui invece si trovano costantemente riferimenti alla parte povera della popolazione che vive in quella «illegalità quotidiana» che dà il titolo al primo capitolo di Gli sbirri alla lanterna. In realtà «le piaghe dell’Ottocento non [sono] che un pallido riflesso di quelle settecentesche. Quel che muta da un secolo all’altro non è tanto la realtà (che semmai si evolve in meglio), quanto la sensibilità sociale, a seguito della Rivoluzione francese e delle prime manifestazioni di volontà delle classi subalterne. Per cui divengono d’un tratto percettibili spicchi del reale fino a quel momento ben presenti e tuttavia invisibili [...]» (Gli sbirri alla lanterna, p. 22).

Evangelisti riscontra questa mutazione della rappresentazione della realtà felsinea anche comparando alcune vedute della città della seconda metà del Settecento-inizio Ottocento, in particolare i disegni e le incisioni di Pio Panfili, con le Vedute pittoresche della città di Bologna, tratte da quadri a olio di Antonio Basoli e disegnate e incise all’acquatinta dai fratelli dell’autore, Francesco e Luigi, nel 1833.

Se nelle incisioni dei fratelli Basoli (che vedremo più avanti) «una frotta di minuscole figure informi e cenciose pare infestare ogni angolo di strada o voltone di palazzo» (p. 20), i lavori di Panfili e altri illustratori settecenteschi «alterando le dimensioni reali degli edifici, propongono scorci maestosi e regolari, entro cui si muovono rarefatte figurine di cittadini e nobili, più qualche popolano colto nel suo versante buffonesco» (p. 21-22). Evangelisti sposa un’interpretazione proposta da Marzia Faietti nell’introduzione al volume Vedute di Bologna nel ’700, secondo la quale Panfili avvertiva «come elementi persino superflui» le «macchiette» che popolano le sue vedute, mentre Basoli disegnando una «folla colorata di mendicanti, storpi, fanciulli rissosi ed altre figurine pittoresche» voleva offrire «il riflesso, sul piano artistico, di una città popolata di mendicanti registrata in guide o appunti di viaggio contemporanei». Mario Fanti ha una posizione leggermente diversa. Anche per lui i personaggi di Panfili possono essere catalogati come «macchiette» (si veda l’introduzione a Disegni editi e inediti di Pio Panfili per le Vedute di Bologna, p. 7), ma hanno comunque lo scopo di rivelare «anche l’altro aspetto di Bologna, quello della vita quotidiana e popolare» (introduzione al volume Bologna nel settecento. Dodici vedute disegnate ed incise da Pio Panfili). Per completezza citiamo anche il terzo volume curato da Fanti in cui vengono stampate vedute di Panfili, in buona parte conservate in Archiginnasio, dal titolo Vedute di Bologna nel secolo XVIII. Cinquantadue incisioni di Pio Panfili e Petronio Dalla Volpe).

Il fatto che nei disegni preparatori alle incisioni i personaggi umani non siano praticamente presenti non è segnale di disinteresse, ma semplice questione tecnica: «il Panfili non ha ritenuto opportuno completare questi disegni in tutti i particolari, dato il loro carattere preparatorio» (Lia Bigiavi, Le vedute di Bologna di Pio Panfili, «L’Archiginnasio», LX, 1965, p. 507-518: 511).

In questa e nelle prossime immagini proponiamo il confronto fra i disegni e le stampe di due vedute di Panfili scelte fra le 12 di formato maggiore e di cui l’Archiginnasio conserva appunto anche i lavori preparatori alle incisioni, per mostrare quale differenza comporti l’introduzione delle “figurine” nelle vie e nelle piazze bolognesi. In questo disegno le uniche figure umane sono, in basso a destra, quelle che chiacchierano con i prigionieri delle carceri. Si veda nell’immagine successiva come il numero dei personaggi sia molto maggiore nella versione incisa e stampata.

 

Cliccare qui per vedere l’immagine a una migliore risoluzione.

Pio Panfili, Veduta della Dogana, e Carceri della Città di Bologna, disegno.

Collocazione: GDS. Cart. Gozz. 43, n. 13