«Fu allora che vidi il Pendolo»
«Fu allora che vidi il Pendolo»

Sono le parole che aprono il romanzo: «Fu allora che vidi il Pendolo». Chi parla naturalmente è Casaubon, visitatore del Conservatoire il 24 giugno, in cerca di un luogo in cui nascondersi al momento della chiusura per potere assistere al rito magico dei “diabolici”, in programma la notte di S. Giovanni come previsto dal Piano.

E anche noi vediamo per la prima volta il Pendolo - Eco lo scrive con la maiuscola quando non ha ulteriori specificazioni, quasi a indicare che quello è il Pendolo per eccellenza, mentre usa la minuscola quando, più raramente, è accompagnato dall’indicazione «di Foucault» - in questa immagine tratta da un altro articolo di «Scuolaofficina», in cui si analizza un cd-rom che il Musée des Arts et Métiers ha appena prodotto per promuovere le proprie collezioni.

È giunto il momento di occuparci dell’oggetto, di chi lo ha realizzato e dell’immenso significato che questo esperimento ebbe nella storia della scienza (e non solo).

 

Anna Maria Martinuzzi, Musée des Arts et Métiers, «Scuolaofficina», XVII, n. 2, luglio-dicembre 1998, p. 11-13.

Collocazione: A. 1636 (1998)