
Un viaggio chiamato casa Allan Stratton, Mondadori, 2018 dai 12 anni
In questa storia ci sono un segreto di famiglia e una fuga.
Fin dalle prime pagine del romanzo Zoe descrive, con una perfezione grottesca, la sua famiglia: il lavoro di parrucchiera a domicilio della madre che riempie la casa di caschi e clienti, gli attacchi di panico del padre, la sottomissione agli zii benestanti. Zoe è scontenta, non sopporta le regole della scuola, ed è esposta alle prepotenze perfide della cugina Madi.
L’unico rifugio sembra essere la nonna con i suoi racconti, la sua casa, il suo affetto e la sua incipiente incapacità di andare alla memoria recente. Le giornate confuse della nonna portano a due conseguenze: la necessità di ricovero in una casa per anziani e la scoperta di un segreto di famiglia. A partire dalle parole un po’ fuori controllo della nonna, da alcune lettere, da certe foto, Zoe inizia a pensare che quello zio che tutti dicono morto forse non lo sia davvero. Zoe comincia a vedere in questo zio misterioso la possibilità di soluzione a tutti i problemi e le infelicità. Decide di partire con la nonna, sempre più confusa, verso Toronto, luogo in cui sembra vivere il parente portatore di segreti. Si tratta di una vera e propria fuga. Le due donne, quella giovane e quella vecchia, con poco denaro e poche certezze, partono senza ben sapere cosa le aspetta lungo la strada; hanno scarsi indizi rispetto a dove trovare lo zio e vengono braccate dalla polizia allertata dai genitori.
È un romanzo ricco di eventi, tristezze, affetti, difficoltà e colpi di scena, ma anche di umorismo e di personaggi vari e non stereotipati.
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