
Nel capitolo 83 compaiono tre mappe (p. 361). L’ultima è un planisfero cosmografico tratto da quest’opera di Robert Fludd, «l'uomo dei Rosa-Croce a Londra [...]. Ora che cosa fa il nostro Roberto de Fluctibus, come amava farsi chiamare? Non presenta più una mappa ma una strana proiezione del globo intero dal punto di vista del Polo, del Polo mistico naturalmente, e dunque dal punto di vista di un Pendolo ideale appeso a una chiave di volta ideale. Questa è una carta concepita per essere messa sotto un Pendolo! Sono evidenze inconfutabili, com'è potuto accadere che nessuno ci abbia ancora pensato...» (cap. 83, p. 362).
Nella seconda parte del romanzo, quando il Piano prende forma, Casaubon e Belbo dedicano molta attenzione alla cartografia. Eco mette in campo un suo grande interesse, che percorre anche Baudolino, l’attrazione per quelle che nel titolo di un saggio definisce Astronomie immaginarie:
«Voglio subito chiarire che parlando di geografie e astronomie immaginarie non mi occuperò dell’astrologia. [...]
È che le geografie e le astronomie immaginarie di cui dirò sono state praticate da persone che esploravano in buona fede il cielo e la terra tal quali li vedevano - e se pure si sono ingannati, non possiamo dire che fossero in malafede. Invece chi si sta occupando ancora oggi di astrologia sa benissimo che si riferisce a una volta celeste diversa da quella che ormai l’astronomia ha esplorato e definito, eppure continua a comportarsi come se quell’immagine del cielo fosse vera. Di fronte alla malafede degli astrologi non si può esercitare alcuna simpatia. Non è gente che si sia ingannata, sono degli ingannatori. Chiuso l’argomento».
(Umberto Eco, Astronomie immaginarie, in Id., Costruire il nemico e altri scritti occasionali, p. 217-251: 217-218).
Robert Fludd, Utriusque cosmi maioris scilicet et minoris metaphysica, physica atque technica historia in duo volumina secundum cosmi differentiam diuisa, 2 vol., Francoforte sul Meno, Johann Theodor de erben Bry, 1624.