
Questa è la copertina di una ristampa della prima edizione inglese del primo libro della saga di Harry Potter. Possibile che anche lui abbia qualcosa a che fare con Il pendolo di Foucault? Per chiudere questa rassegna, vogliamo ragionare ancora una volta alla maniera dei “diabolici” interpretati da Belbo-Casaubon-Diotallevi. Dobbiamo quindi credere fino in fondo nel loro modo di leggere le cose: «a voler trovare connessioni se ne trovano sempre, dappertutto e tra tutto, il mondo esplode in una rete, in un vortice di parentele e tutto rimanda a tutto, tutto spiega tutto...» (cap. 85, p. 365). Questa volta porteremo il gioco all’estremo, tanto che arriveremo a citare, fra i documenti da prendere in considerazione, un post di Facebook. Ma andiamo per ordine.
Harry è un mago, immerso in un mondo di maghi, streghe, animali fantastici, oggetti meravigliosi e incantesimi. Se aggiungiamo il riferimento alchemico alla pietra filosofale presente nel titolo di questo primo volume, è ben chiaro che la distanza dal Pendolo non è impossibile da colmare, anzi. Infatti la saga del maghetto è stata letta in alcuni casi come «una copertura per veicolare messaggi subliminali di ogni tipo ai giovanissimi». Ormai è fatta, abbiamo citato il post di Facebook. Potete leggerlo interamente nella prossima immagine.
J.K. Rowling, Harry Potter and the philosopher's stone, London, Bloomsbury, 1997.