REPORT N. 48 - GDL LEGGEREZZA - L'Arminuta di Donatella Di Pietrantonio

Mercoledì 3 aprile 2019, ore 17.00
XLVIII incontro del Gruppo di lettura Leggerezza.
Saletta del piano terra – Biblioteca Lame.

Dalla convinta ammirazione alla completa indifferenza, sulla lettura di questo libro emergono le più varie considerazioni. Una scrittura semplice, scarna ma fluida, molto efficace e sicuramente adeguata al tema sviluppato, con locuzioni dialettali disseminate ad arte che rafforzano la rappresentazione dell'ambiente deprivato in cui si dipana la trama. La descrizione asciutta, senza cedimenti al sentimentalismo che avrebbe reso patetico un contenuto così drammatico; una storia coinvolgente, una storia di abbandono, di doppio abbandono, perciò storia di sofferenza, che suscita enorme tristezza ma anche indignazione, se non rabbia. Qualcuno l'ha avvicinato come fosse un giallo.
Argomento molto pesante affrontato con una certa superficialità, sorvolando sulle emozioni profonde: per alcuni narrazione piatta, poco autentica, fredda, per altri così essenziale da riflettere esattamente l'anaffettività che è la cifra di questo romanzo, per cui il non detto pesa quanto l'espresso. La sobrietà del linguaggio corrisponde perfettamente allo squallore degli ambienti, delle relazioni, dei gesti. Stranamente un libro che non racconta emozioni anche se scritto in prima persona. Libro disturbante quindi, che spesso richiama alla mente casi analoghi più o meno vicini, comunque ancora attuali. Pertanto l'identificazione, o comunque una certa affinità del vissuto, diventa per il lettore la principale motivazione al consenso, al gradimento. Ci si chiede se sia romanzo autobiografico.
I personaggi principali - le due sorelle e le due madri - sono rappresentati in modo vivido; quelli minori quasi scompaiono, anche se alcune descrizioni, come quella della vecchia indovina, sono molto realistiche.
La sorellina Adriana, minore per età ma molto maggiore per esperienza, è fantastica, è la sola veramente materna in assenza di madri titolari. Si prende cura e sa come farlo, è assolutamente spontanea e dotata di gran senso pratico, alla fine l'unica capace di dare amore in un desolante quotidiano di mera sopravvivenza.
Adalgisa è la madre adottante che si prodiga fino a quando il giocattolo resta l'unico possibile, ma si dilegua appena un nuovo compagno e soprattutto il figlio naturale pretendono l'esclusiva. Per tacitare la coscienza continua a elargire denaro e regali vari, stando però ben attenta a tenere lontano l'elemento estraneo, anche se si tratta di una creatura, prescelta quando faceva comodo, che la ama e la considera la sua vera madre. L'altra madre, quella naturale, non è meno distaccata, però, nonostante l'asprezza dei modi, comprende e decide, ignorante ma non stupida.
Il tema su cui ci si sofferma è quello di una certa maternità egoista, che sembra una contraddizione in termini, ma è una realtà molto diffusa. I figli servono a soddisfare la propria esigenza di valorizzazione o semplicemente come soddisfazione della propria essenza femminile, per questo possono essere spostati come pacchi o usati per altri scopi, soprattutto in caso di rapporti difficili nei matrimoni. Il figlio come realizzazione di sé per donne non altrimenti realizzate. Ancora una volta un libro al femminile, nel quale gli uomini restano sullo sfondo e non influiscono più di tanto sugli eventi, quando non ne sono addirittura vittime, come il fratello Vincenzo o il primo marito della Adalgisa.
Altro tema centrale è la mancanza di identità, il dolore atroce del non essere riconosciuti: la protagonista non ha un nome, di lei per tutto il romanzo si conoscerà solo il soprannome: la Ritornata; fatica a rendersi conto di quello che le accade, prova anche a sperare, ma impara molto presto ad adattarsi, per il bisogno di appartenenza.
L'accettazione definitiva sarà mediata dall'unico affetto che le resta, quello della sorella che le ha insegnato la resistenza. Ed è con lei che si salva dal vuoto, è tenendola per mano che entra infine nel mare dell'accoglienza.
Nella letteratura molti autori precedentemente hanno scelto l'abbandono come soggetto per i loro libri. Uno per tutti: Michela Murgia con Accabadora; ma di tutt'altro livello.
Il confronto nel Gruppo è stato, come sempre, piacevolmente vivace e corretto.

Per l’appuntamento di mercoledì 8 maggio 2019 alle ore 17.00, presente l'autrice, si leggerà:
In quel che resta del tempo di Maria Paoloni
Per l’appuntamento di mercoledì 5 giugno 2019 alle ore 17.00 si leggerà:
La zia marchesa di Simonetta Agnello Hornby
e si dedicherà del tempo all'approfondimento dello specifico quesito: perché un libro piace?

Termine dell’incontro alle ore 18.45

Sofia Iaccarino