REPORT N. 49 - GDL LEGGEREZZA - In quel che resta del tempo di Maria Paoloni
Mercoledì 8 maggio 2019, ore 17.00
XLIX incontro del Gruppo di lettura Leggerezza.
Saletta del piano terra – Biblioteca Lame.
La prima impressione è quella di un continuum con altri libri letti di recente, in particolare con L'Arminuta; il tema dell'infanzia violata è infatti uno dei più diffusi nella letteratura. Quasi tutti i presenti hanno definito faticosa la lettura di questo romanzo, benché si tratti di una scrittura semplice e piana, veloce e poco impegnativa in quanto strutturata prevalentemente per paratassi. In realtà la difficoltà di fruizione è derivata dal considerevole numero di pagine, oltre 400, che troppo spesso presentano ripetizioni e ridondanze.
Le aspettative, che si manifestano fin dal titolo - evidentemente ispirato al quasi omonimo celeberrimo romanzo di Ishiguro - e crescono con il porre il quesito cruciale sul tempo che rimane, trovano riscontro positivo nella parte iniziale del libro che narra delle prime età della protagonista, ma si perdono nelle esperienze dell'età adulta, per quanto non comuni.
Qui la narrazione diventa la cronaca di incontri frequenti della protagonista con numerose persone a cui si lega con singolari rapporti piuttosto fuggevoli, ma nessuno di tali personaggi emerge decisamente sugli altri. Diffusa la sensazione che si tratti di un libro che riporta, come una sorta di manuale di vita vissuta, storie di persone diverse, accumulate per un'unica esposizione; un po' trattato di psicologia quotidiana, che però non approfondisce e non arricchisce, un po' libro erotico sulla scia dei tanti simili; non provoca emozioni nel lettore. L'autrice precisa che è autobiografico al cento per cento.
Dunque la vita della protagonista Cecilia è reale, triste evoluzione fino all'alquanto banale happy end. Nonostante l'empatia, nella sua vita non resta nessuno, nemmeno il figlio. Il feroce pensiero killer che l'ha aggredita come puro panico non trova altra risposta; la donna intelligente, dinamica, aperta, medita una soluzione inconsueta: rovesciare sul povero inconsapevole clochard la valanga di racconti del suo vissuto più intimo, che, al di là delle relazioni umane condotte sempre con un pizzico di degnazione, si riduce frequentemente alla descrizione dettagliata di pratiche sessuali, solitarie o condivise, nonché di quella miriade di micro-sofferenze dovute al decadimento proprio dell'età o alla malattia, il disfacimento della vecchiaia rappresentato con tale profusione di particolari da diventare disturbante per il lettore. La fragilità degli anni mostra tutto il suo peso, mentre incombe l'imminenza della morte. La protagonista, in cerca di riconoscimento, dilaniata dalla lotta tra il brillante sé interiore ed il proprio aspetto esteriore, di fatto impone la sua volontà ignorando allegramente le esigenze altrui e si propone benefattrice non richiesta. Ritorna ancora l'accenno compiaciuto alle numerose qualità di Cecilia: elegante grafomane da far miracoli con le parole, dalla voce melodiosa, dall'andatura aggraziata, e la vittima designata non può che capitolare. Questo libro è un monumento all'ego ipertrofico della protagonista (autrice?).
Per qualcuno si tratta di un libro intenso, di forza estrema, in cui si svela una persona esemplare per tante altre. Il messaggio è quello di non abbattersi, non cedere mai, l'unico scopo la ricerca della verità. Si sottolinea la notevole convergenza di opinioni riguardo questo libro nel Gruppo e si rileva come tale dato non sia di certo abituale.
L'autrice replica con molta perplessità nei riguardi del giudizio emerso sulla scrittura, dopo aver apprezzato il coraggio di manifestare in sua presenza anche giudizi poco lusinghieri. Afferma che non ha mai amato la scrittura alta,
complessa, che il bisogno di capire deve essere immediatamente soddisfatto; spiega come il romanzo le si sia presentato davanti nella sua interezza, senza alcuna forzatura, e come le eventuali ripetizioni siano dovute a quel flusso narrativo che si compone per libere associazioni di pensieri. Non ha operato delle scelte funzionali al giudizio del lettore, ma ha semplicemente realizzato il desiderio, coltivato a lungo, di pubblicare un libro per rendere omaggio alla propria vita. Quanto alla rappresentazione cruda di particolari intimi, riferisce la gratitudine di tante sue lettrici per aver sdoganato elementi della femminilità che non si potevano neppure menzionare. Cecilia è una persona felice, realizzata, sola per scelta, adora la vita ed è furiosa con la morte, le oppone l'intensità della vita, in ascolto di se stessa. Il figlio, molto amato, ha soltanto seguito il percorso tipico degli adolescenti che un bel giorno si comportano come perfetti estranei e lei lo ha lasciato libero di andare, dopo aver tentato di fargli riconoscere l'esistenza anche della madre. Chiarisce che l'unico personaggio di pura invenzione è il barbone. La speciale relazione che nasce con lui è la soluzione delicata da opporre alla devastante presa di coscienza dell'esiguità del tempo rimasto, la risposta dolce al bisogno di ascolto. Una relazione che accomoda e in cui ci si accomoda per trovare l'equilibrio. Un lettore conclude: il barbone sono io.
Per l’appuntamento di mercoledì 5 giugno 2019 alle ore 17.00 si leggerà:
La zia marchesa di Simonetta Agnello Hornby
e si dedicherà del tempo all'approfondimento dello specifico quesito: perché un libro piace?
Termine dell’incontro alle ore 19,20
Sofia Iaccarino