Report n. 60 - GDL Leggerezza - La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead

Mercoledì 4 novembre 2020, ore 17.00
LX incontro del Gruppo di lettura Leggerezza.
L'incontro è avvenuto in modalità digitale, in videoconferenza.


Tutti d'accordo su questo libro: è piaciuto molto, è riuscito a coinvolgere i lettori. La prima parte è risultata più facile, descrive un'unica realtà stabile e circoscritta e la struttura narrativa è lineare, la seconda un po' dispersiva per la quantità di situazioni e personaggi che vi sono introdotti e non in sequenza temporale, ma è la parte più importante, quella che chiarisce la natura dei rapporti e gli esiti delle storie.
Un libro un po' misterioso, anche.
Il tema affrontato, la schiavitù nelle piantagioni americane nella prima metà dell'Ottocento, è estremamente pesante; l'autore però riesce a rendere la violenza senza essere troppo violento, anche se non risparmia immagini dure, di rara crudeltà, come la teoria dei corpi esposti alla vista all'ingresso delle città, tanto per far da monito. Racconta in modo pacato, non cerca lo sconvolgimento ma la comprensione.
Protagoniste le singole storie dei tanti personaggi, un mosaico di situazioni che compongono il quadro completo della condizione degli schiavi. Cora, erede di un orto di un paio di metri quadri di una nonna che le ha insegnato la resistenza, tenace benché giovane, non si arrende mai e sopravvive ad ogni angheria, ad ogni delusione, ad ogni ferita. La sua dignità raggiunge il culmine nel dialogo finale col suo persecutore. Ridgeway è lo spietato cacciatore di fuggitivi, Homer il bambino plagiato dal fascino della violenza. Mabel, simbolo della libertà ritrovata, è solo l'ennesimo fallimento. Trattati come merce per la ricchezza dei bianchi se restano vivi, come Big Anthony molti servono da minaccia esemplare per gli altri.
E le donne sono quelle che pagano di più, sia quando contribuiscono a fornire manodopera partorendo un gran numero di figli - sempre sullo stesso pavimento - sia quando vengono sterilizzate per non impedire il progredire della filiera del cotone, sia quando vengono violentate per il piacere dei padroni.
Gli abusi continui, anche psicologici, alla fine mettono gli uni contro gli altri, le une contro le altre, anche solo per un pezzetto di terra o un piatto di fagioli. Invece di unirli, ciò alimenta la diffidenza tra gli schiavi stessi, diversi per lingua e provenienza, ma tragicamente uguali nella condizione. Tutti contro tutti, africani o irlandesi, schiavi o liberi, padroni o cacciatori di uomini. Ed essi non sono meno feroci dei padroni quando assurgono al ruolo di carcerieri o controllori; rarissime le eccezioni.
Pochi riescono ad avere una visione più ampia del proprio limitato destino e scontano sempre con la vita il coraggio di aiutare, tramare nascondere, proteggere. Pochi capiscono che l'istruzione è l'elemento primario per l'emancipazione. Esiste solo il presente, brutale. Ma come si fa a continuare a desiderare la libertà quando si sa che la conclusione di ogni tentativo è fatalmente, invariabilmente infausta?
A fronte di tanta rassegnata disperazione, la ferrovia sotterranea, reale o immaginata che sia, rappresenta la sola via di fuga, quella rete di aiuti clandestini che si regge unicamente sul coraggio e la compassione. Inevitabilmente si richiama al confronto la condizione degli ebrei nei campi nazisti, per concludere che la sottomissione è sempre la stessa, in luoghi e in tempi diversi.
Non si finisce mai di studiare e comprendere non solo il fenomeno della schiavitù in quel periodo storico, ma soprattutto quella teoria del suprematismo bianco, nata per giustificare la tratta degli esseri umani dall'Africa, ancorché assolutamente ingiustificata nella società odierna, eppure ancora così diffusa nell'America attuale e purtroppo nella nostra vecchia Europa.

Termine dell'incontro alle ore 19.00

Per l’appuntamento di mercoledì 2 dicembre 2020 alle ore 17.00 si leggerà:
Il bambino di Budrio di Angela Nanetti

Sofia Iaccarino