Ehi, sono qui

Sala Borsa, adesso.

 

Ti sto osservando. No, non sono il biondino con la felpa verde. E nemmeno la studentessa con le trecce da squaw che mastica il tappino della biro e guarda ovunque tranne che nel libro.

Ti sto osservando.

Nella sacca che porto a tracolla ho lo spesso nastro adesivo e la corda. E altre cose che so usare divinamente, ma che non ti piacerà conoscere.

Vieni spesso qui? O è la prima volta (in questo caso sarebbe proprio una sfortuna)?

Io comunque non ti avevo mai visto. Ma adesso ti ho scelto.

Starò con te.

Ti seguirò fino a casa, e oltre. Abbiamo un percorso da compiere insieme.

Ti seguirò.

 

Perché lo faccio? Se ne leggono tante. La verità è che non lo so. Mia madre è stata premurosa. Mio padre protettivo. Eravamo benestanti. Non ho subito traumi. Ho amici, una vita sociale...

Sono, come dire... il vicino che non ti aspetteresti. Ma che sta aspettando te.

Ti guardi in giro, adesso. Senti che c'è qualcosa di strano che ti circonda? Ma sei in biblioteca, in mezzo a tante persone. Cosa mai potrebbe accaderti?

Per un attimo mi hai posato gli occhi addosso. (Sorrido) Ho fatto finta di niente.

Dicevo... ah, sì, perché faccio questo, torturare la gente? E chi lo sa. Mi piace, servono altri motivi?

Eccoti in piedi. Riconsegni il libro. Preda di un'inquietudine che nemmeno tu sai da dove provenga. Ma la senti. Come una vecchia cicatrice che morde prima del temporale.

Raccogli meglio le tue cose, che sembrano volerti sfuggire di mano come fossero vive. Esci.

Ti saluto col pensiero. Probabilmente le nostre anime erano destinate a non compenetrarsi.

May be...

Via Ugo Bassi. Le strisce pedonali. ALT, in rosso. La calca. Stai meglio, che aria rilassata!

In attesa del verde.

«Mi scusi» dici.

Mi hai pestato un piede.

«Si figuri» ti sorrido.

Accanto. Sento il tuo odore. E tu, mia piccola anima? Stai sentendo il mio?

 

Lago di Molveno, 8 settembre 2014. In macchina sotto la pioggia.